“Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi” è una categoria umana senza distinzione di sesso e razza, non un verso di Battisti.
Io vorrei conoscerti ma se tu non vuoi neanche mi faccio avanti, anzi faccio prima a dire che non voglio.
Io vorrei studiare, fare contemporaneamente la ballerina e la pittrice, brevettarmi alla scuola di judo caraibico, lavorare per permettere tutto ciò e magari ci scappa anche la vacanza a Santorini questa estate. E laurearmi, nei tempi, sì.
Io vorrei risollevare l’Italia, quindi basta che faccio la differenziata e mangio bio, no?
E’ una specie in grado di adattarsi per sopravvivere ad ogni cambiamento meteorologico-climatico-tecnologico-generazionale, grazie alla sua personalità liquida che prende le forme del contenitore sociale che la accoglie.
Ed è specializzata in “alibi”, con un master in “scuse da raccontare innanzitutto a se stessi”, figuriamoci al partner o al resto della compagine sociale.
Ecco, io conosco persone che non appartengono a questa specie in continuo mutamento morfologico.
Non sono uomini e donne rigidi. Sono donne solide e uomini dalle spalle grandi, rafforzate sotto il peso del loro zaino – spesso anche sotto quello di due.
La testa nel cielo, è vero, ma il camminare ti entra da terra.
Gli uomini e le donne così valutano, ponderano e finiscono per sferrarlo sempre quel famoso calcio alla “Im” di Impossibile. Sognano, sì. Ma sono capaci di tradurre queste chimere in progetti, uno step necessario che molti adulti non accennano a compiere continuando a rimanere sul piano dei sogni, un po’ come quando ai bambini viene chiesto “Che vuoi fare da grande?” – “L’astronauta”. Ecco, i Battisti nella vita vogliono fare gli astronauti anche a quarant’anni.
Le donne solide e gli uomini con le spalle larghe non restano nei recinti comunali, parrocchiali ed associativi vari. Imparano ad uscire per le strade così tante volte, in così tanti fine settimana, finché quell’andare oltre fisicamente – oltre la curva e oltre la stanchezza – li rende pionieri nella vita, senza troppe metafore. E da pionieri quali sono precedono ed aprono la strada anche a chi ha timore e si nasconde dietro alla scusa del “non ho tempo – non ho l’età”. Battisti e Cinquetti de noialtri, non avete voglia o forse non avete coraggio, perché il tempo non ce l’avreste neanche per il judo caraibico, la laurea, il lavoretto e la passione da talent show tutto contemporaneamente ma vi piace crederci almeno un po’. E vi assicuriamo che tempo libero non ce lo abbiamo neanche noi, neanche per ciò che più desideriamo: per realizzarlo, infatti, dobbiamo attingere al tempo liberato.
Niente escamotage processuali, niente alibi ed attenuanti. Le donne solide e uomini dalle spalle grandi sanno cosa sia una parola data, punto. Ci mettono la faccia con schiettezza, altrimenti detto “onore” – termine che ha perso proprio quello che vuole significare – e procedono a gamba tesa. E soprattutto, si prendono la responsabilità: ultima tappa di qualsiasi processo di crescita.
Quell’abitus che fa ridere i più a Gennaio con le ginocchia scoperte, spaventa gli stessi ridanciani quando diventa mentale. Allora non li vedono più come buffi e rumorosi invasori di mezzi pubblici intenti a raggiungere i loro boschi isolati ma imparano a riconoscerli anche in ambienti istituzionali.
Così capita che mentre Battisti/Cinguetti edizione 2014 è annoiato intorno ad un tavolo di lavoro e giocherella col tablet, sperando che lo speaker di turno conceda presto una tregua-caffè dalla presentazione del suo progetto per uscire dalla crisi con una riqualificazione-partendo-dalle-imprese-del-territorio-bla-bla-bla, nella mente improvvisamente balena un’immagine tanto forte da distrarlo dal movimento compulsivo del dito sullo schermo della tavoletta: l’immagine di un ragazzino motivato e coinvolgente, premier già tra i coetanei. Riconosce la vera natura di quello speaker vedendo in lui chi di riunioni ne ha fatte molte altre – di diverso tipo e in giorni feriali – senza tailleur ma con un maglione blu.
Mentre lo speaker continua a parlare di “sfide, imprese, sogni e progetti”, dalla seconda fila Battisti2014 assapora il significato di ogni singola parola. Sa che dietro ad ognuna c’è un mondo di ricordi ed esperienze. Non sono più slogan, nessun simbolo da campagna elettorale. Quel discorso intorno al tavolo di lavoro nella grigia riunione aziendale prende improvvisamente colore: abbastanza verde, a tratti giallo, molto rosso.
Se non altro, Battisti, ho il merito di averti risvegliato da quel torpore da tablet, quando neanche sai più cosa devi cercare ma continui a mandare avanti e indietro l’immagine di sfondo slittando il dito sulla tavoletta. Davanti a me un’aula intera di studenti che applaude dopo il motto finale del mio speech, piena di quell’entusiasmo che solo un lancio può dare ed ignara di tutte le tue emozioni in seconda fila. Certo, qualcuno potrà fermarsi alla frase effetto e domani potrà farci un hashtag del tipo #dalsognoalsegno. Ma per cogliere la differenza tra la persuasione e la richiesta di fiducia bisogna vedere cosa c’è sotto.
E il trucco è tenere sempre il fazzolettone sotto al tailleur.

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che donna ragazzi
Roba per intenditori!